L’impianto dell’embrione rimane tutt’oggi un evento complesso e poco conosciuto. E’ noto che oltre il 70% degli embrioni trasferiti non si impianta e che solo il 14% degli stessi determina una gravidanza a termine. La selezione dei migliori embrioni da trasferire si basa ancora principalmente su criteri morfologici e di divisione cellulare. La ricerca scientifica ha dimostrato l’importanza della proteomica e della metabolomica ossia di alcune molecole che potrebbero regolare sia lo sviluppo dell’embrione sia il suo impianto nell’endometrio. Interesse particolare ha suscitato lo studio delle molecole HLA (human leukocyte antigens) o antigeni di istocompatibilità, glicoproteine presenti sulla superficie delle cellule che suscitano una forte risposta immunitaria, rendono ogni individuo diverso dall’altro e sono responsabili del rigetto dei trapianti. Esistono 3 tipi di molecole HLA: HLA-I espresse sulla superficie di tutte le cellule nucleate, HLA-II espresse solo sulla membrana di alcune cellule del sistema immunitario (cellule dendritiche, linfociti B ecc.) e HLA-III che hanno varie funzioni o che vengono secrete da cellule specifiche. Le glicoproteine HLA sono prodotte da sequenze geniche presenti su una regione del braccio corto del cromosoma 6. Poichè questi geni sono codominanti, le cellule di un individuo esprimono tutte le glicoproteine codificate dai geni HLA ereditati sia dalla madre che dal padre. In particolare il gene HLA-G mostra un basso polimorfismo genetico, ovvero l’inserzione o delezione di tratti di DNA, con 47 alleli che codificano 15 diverse proteine, rispetto agli altri HLA di classe I A,B e C che presentano rispettivamente 1729, 2329 e 1291 alleli. Gli alleli sono forme alternative dello stesso gene che si trovano nella stessa posizione su ciascun cromosoma omologo (locus genico). Gli alleli controllano lo stesso carattere ma possono portare a prodotti quantitativamente o qualitativamente diversi. Un polimorfismo di inserzione o delezione di 14 paia di basi nella regione 3’UTR dell’esone 8 è stato correlato alla stabilità dell’RNA messaggero che codifica il DNA e porta all’espressione della proteina sHLA-G . L’allele con un’inserzione di 14 paia di basi è stato associato a livelli più bassi del trascritto HLA-G, rispetto all’allele con la delezione di 14 paia di basi, con conseguente ridotta sintesi della proteina sHLA-G. Tale proteina è implicata nella protezione delle cellule del trofoblasto, tessuto cellulare che serve a nutrire l’embrione, inibendo le cellule natural killer del sistema immunitario materno che determinerebbero la morte immediata dell’embrione. Uno studio eseguito su oltre 100 pazienti sottoposte a trattamento di fecondazione in vitro ha dimostrato che le gravidanze cliniche si verificavano solo se la proteina sHLA-G era presente nel terreno di coltura degli embrioni in coltura al giorno del transfer. La quantità di sHLA-G sembra quindi un requisito obbligatorio, benché non da solo sufficiente, per l’istaurarsi e il procedere della gravidanza e potrebbe essere considerato il criterio di scelta tra embrioni morfologicamente uguali, in quanto associata a tassi di gravidanza migliori. Anche la produzione di sHLA-G da parte della madre è di estrema importanza per l’impianto dell’embrione e il prosieguo della gravidanza. Infatti, una scarsa produzione della proteina sHLA-G da parte della madre, è stata associata a ripetuti fallimenti delle terapie di fecondazione in vitro, aborti spontanei ricorrenti e aumentato rischio di pre-eclampsia ovvero di una sindrome che può insorgere nel terzo trimestre di gravidanza determinando aumento della pressione arteriosa, anomalo aumento delle proteine nelle urine e gonfiore diffuso del corpo con severo rischio per la salute della madre e del bambino. La concentrazione della proteina sHLA-G rilasciata dall’embrione e anche quella prodotta dalla mamma dipendono in gran parte dal genotipo del gene HLA-G. Poichè il genotipo dell’embrione dipende sia dalla madre che dal padre, per stimare le potenzialità dell’embrione a produrre la proteina sHLA-G, è utile quindi eseguire l’analisi delle varianti sul gene HLA-G di entrambi i partners. L’analisi delle varianti sul gene HLA-G avviene estraendo il DNA genomico seguendo un protocollo standard con successiva reazione di polimerizzazione a catena (PCR) per amplificare il frammento di interesse. La variante di DNA 3’UTR 14 bp ins/del viene amplificata tramite PCR fluorescente e in seguito analizzata tramite Analisi di Frammento su Genetic Analyzer. Tale analisi è indicata per la coppia in caso di ripetuti fallimenti dei trattamenti di fecondazioni in vitro e di aborti spontanei ricorrenti senza cause note mentre viene proposta unicamente alla paziente in caso di inseminazione o di fecondazione eterologa per la scelta di un donatore con genotipo HLA-G compatibile. In base al risultato dell’analisi eseguita, e alla storia clinica del paziente, il medico può decidere quale sia la terapia più indicata da utilizzare.
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