L’inseminazione intracitoplasmatica dello spermatozoo, meglio conosciuta con la sigla ICSI, è una tecnica relativamente recente utilizzata nella procreazione medico assistita. Proprio nel 2012 ha compiuto 20 anni: risale infatti al 1992 la nascita del primo bambino concepito grazie ad una fecondazione artificiale dove, non solamente la fecondazione è avvenuta al di fuori dell’utero, ma addirittura lo spermatozoo è stato introdotto manualmente nell’ovocita. L’ICSI è una tecnica affermata e diffusa: rappresenta più del 35 per cento di tutte le tecniche utilizzate nell’ambito della procreazione medicalmente assistita e ha tassi di successo significativi. Tuttavia, non è la tecnica di prima scelta in caso di problemi di infertilità perché ha un impatto più invasivo nei confronti dell’ovocita con il rischio di danneggiarlo irreversibilmente. È comunque una tecnica fondamentale che ha di fatto consentito di superare problematiche maschili severe, che prima del suo avvento erano superabili solamente ricorrendo al seme di un donatore, scelta che in Italia non è più consentita. L’ICSI ha raggiunto oggi percentuali di successo del tutto simili a quelle della FIVET (la Fertilizzazione In Vitro con Embryo Transfer, ovvero una fecondazione “in provetta” che avviene però spontaneamente, con il semplice contatto tra spermatozoi ed ovocita) ed è diventata un punto di riferimento anche in caso di fallimenti della stessa. Come funziona? I passaggi preliminari sono identici a quelli di una FIVET: la donna viene sottoposta a una stimolazione ormonale alla quale segue il prelievo degli ovociti. Cambiano i passaggi successivi. Con la ICSI si procede con una microiniezione dello spermatozoo nell’ovocita che viene eseguita utilizzando un micromanipolatore. Si tratta di un sofisticato microscopio dotato di due bracci mobili alle estremità dei quali sono montate, da un lato, una pipetta che ha il compito di trattenere l’ovocita e, dall’altra, un ago con il quale si buca la parete dello stesso e si inietta al suo interno uno spermatozoo preventivamente “caricato” nell’ago. Dopo 18-20 ore si valuta, sotto il microscopio, l’eventuale avvenuta fertilizzazione degli ovociti. Quindi si procede con il trasferimento in utero degli embrioni ottenuti. L’intervento della ICSI si rende necessario quando da esami clinici appare chiara e conclamata una riduzione grave della capacità riproduttiva maschile ovvero un deficit severo della concentrazione (oligospermia), della motilità (astenospermia) e/o della forma (teratospermia) degli spermatozoi. In base agli ultimi parametri WHO (World Health Organization – Organizzazione Mondiale della Sanità) del 2010 è ritenuto normale uno sperma contenente più di 39 milioni di spermatozoi totali con oltre 15 milioni per millilitro, motilità superiore al 40% con oltre 32% di spermatozoi mobili progressivi e una percentuale di forme normali superiori al 4%. Rispetto ai precedenti parametri WHO del 1999 la soglia di normalità si è ulteriormente abbassata, confermando il fatto che il potenziale fertile dell’uomo negli ultimi 50 anni si è quasi dimezzato. La ICSI è diventata quindi la tecnica d’elezione quando lo spermiogramma evidenzia valori tali da rendere impossibile la fecondazione dell’ovocita in modo naturale o con tecniche di procreazione assistita più semplici, quali l’IUI (inseminazione intrauterina) o la FIVET. La ICSI è consigliata anche quando vi è la presenza di anticorpi antispermatozoi nell’eiaculato che potrebbero bloccare la penetrazione dell’ovocita con la FIVET oppure in caso di ridotta o mancata fecondazione degli ovociti in una FIVET precedente per cause ignote o anche quando il numero di ovociti recuperati è estremamente ridotto. L’inseminazione intracitoplasmatica è necessaria anche quando, una situazione di azoospermia (ovvero assenza di spermatozoi nell’eiaculato), viene risolta mediante tecniche quali la TESE (Testicolar sperm extraction) la MESA (Microsurgical epididymal sperm aspiration). La prima prevede l’estrazione degli spermatozoi mediante biopsia del testicolo; la seconda l’aspirazione microchirurgica degli spermatozoi dall’epididimo. Gli spermatozoi ottenuti possono essere utilizzati lo stesso giorno se, contemporaneamente, avviene il prelievo degli ovociti, oppure, più di frequente, congelati per un utilizzo successivo. Anche soggetti con danni al midollo spinale, malattie degenerative del sistema nervoso, disturbi psichici o somatici che rendono impossibile l’eiaculazione possono essere sottoposti a biopsia testicolare oppure ad elettrostimolazione prostatica. Gli spermatozoi raccolti sono in genere crioconservati e, se la qualità del seme al decongelamento risulta deficitaria, utilizzati successivamente mediante ICSI. Si ricorre alla inseminazione intracitoplasmatica anche nella maggior parte dei soggetti affetti da eiaculazione retrograda, patologia per la quale gli spermatozoi vengono eiaculati nella vescica urinaria. Previa assunzione di bicarbonato, il paziente raccoglie un campione di urine dal quale si ricavano, per centrifugazione, gli spermatozoi che vengono poi microiniettati negli ovociti il giorno stesso o dopo decongelamento. Infine, la ICSI è la tecnica d’elezione in caso di scongelamento degli ovociti. Parliamo di situazioni di preservazione della fertilità femminile attraverso la crioconservazione di ovociti. Si tratta di una pratica utilizzata nel caso in cui la donna debba affrontare terapie antitumorali che potrebbero mettere a rischio la sua fertilità, oppure in casi di donne che non vogliono perdere i loro ovociti “migliori” in attesa di trovare le migliori condizioni socio-economiche. Il ricorso alla ICSI è necessario perché l’ovocita, pur non perdendo le sue capacità riproduttive, una volta scongelato si presenta con la membrana esterna più rigida rispetto ad un ovocita appena prelevato definito “fresco”. L’inseminazione intracitoplasmatica permette allo spermatozoo di superare questa barriera e arrivare alla fecondazione altrimenti impossibile mediante la FIVET. I bambini nati con la ICSI per problemi di sterilità maschile gravi, possono presentare un lieve aumento del rischio di alterazioni cromosomiche dovuti alla qualità degli spermatozoi. I dati relativi, invece, allo sviluppo cognitivo e psicomotorio non hanno rilevato alcuna differenza fra i concepiti spontaneamente, con inseminazione intrauterina o in seguito a ICSI o FIVET. Quest’ultima, comunque, per la minor invasività, deve rimanere la prima scelta nelle coppie con non rientrino nelle indicazioni assolute per la ICSI.