I fibromi uterini, detti anche miomi o fibroleiomiomi, sono neoformazioni benigne solide che originano dal tessuto fibromuscolare dell’utero.
Possono essere singoli o multipli e hanno grandezza variabile da pochi millimetri fino ad oltre 15 centimetri.
In base alla localizzazione, si possono distinguere tre tipi di fibromi: sottosierosi che si sviluppano sulla parete esterna dell’utero, intramurali che crescono nello spessore del tessuto fibromuscolare e sottomucosi che crescono all’interno della cavità uterina.
Interessano circa il 20% delle donne in età fertile, in particolare sopra i 35 anni, in quanto crescono progressivamente sotto lo stimolo degli ormoni femminili e dopo la menopausa regrediscono per diminuzione della produzione estroprogestinica delle ovaie.
Le cause non sono ancora del tutto chiare e proprio per questo non è possibile indicare norme di prevenzione.
Alcuni fattori di rischio sono: etnia afroamericana, obesità e nulliparità.
In oltre la metà dei casi i fibromi risultano asintomatici, negli altri casi possono provocare cicli mestruali abbondanti o prolungati (menorragie), perdite ematiche più o meno intense tra una mestruazione e l’altra (metrorragie), intenso dolore mestruale (dismenorrea), dolore durante i rapporti sessuali (dispareunia).
I miomi più voluminosi possono dare sindromi da compressione: quelli anteriori possono comprimere la vescica, determinando uno stimolo ad urinare frequentemente (pollachiuria) oppure ostacolando il normale svuotamento vescicale (disuria) con rischio di cistiti; quelli posteriori comprimono il retto determinando difficoltà alla defecazione (dischezia).
La diagnosi è semplice: la visita ginecologica può dare qualche indicazione ma è l’ecografia transvaginale l’esame che permette di valutare la presenza, il numero, la dimensione e la posizione dei fibromi.
L’ecografia transvaginale 3D e la risonanza magnetica sono strumenti che possono aggiungere accuratezza e precisione alla diagnosi.
In alcuni casi i fibromi possono essere causa di sterilità ossia incapacità al concepimento oppure di infertilità ovvero incapacità a portare a termine la gravidanza.
Alcuni studi hanno evidenziato come i miomi intramurali possano determinare modificazioni a livello vascolare e infiammatorio con alterazione della contrattilità della muscolatura uterina e tubarica essenziale per l’incontro tra spermatozoi e ovocita, lo sviluppo dell’embrione e il suo annidamento in utero.
Se un fibroma è localizzato vicino agli osti tubarici blocca meccanicamente l’ingresso delle salpingi impedendo la risalita degli spermatozoi e dunque la fecondazione dell’ovocita.
Quando invece il fibroma è sottomucoso, ovvero deforma la cavità intrauterina, può agire da corpo estraneo rendendo difficoltoso l’annidamento dell’embrione o causando aborti precoci.
A volte i fibromi si sviluppano a livello del collo dell’utero provocando il rischio di parti prematuri per dilatazione della cervice uterina o per rottura prematura delle membrane amniocoriali.
Nel corso della gravidanza, in circa il 30% dei casi, i miomi possono aumentare il loro volume per opera degli estrogeni, con rischio di complicanze anche gravi.
Il rischio di parto prematuro aumenta del 20% se il mioma raggiunge i 5 cm di diametro e del 30% se il diametro supera i 7,5 cm.
Se il fibroma ostacola lo sviluppo della placenta può determinare difficoltà nella crescita del feto oppure possibile distacco intempestivo della placenta con conseguente emorragia pre-partum che pone a rischio la vita del bambino e della madre.
Il trattamento dei fibromi uterini in donne che cercano una gravidanza prevededi non intervenire chirurgicamente in caso di miomi intramurali inferiori ai 2,5 cm mentre quando le dimensioni superano i 5 cm andrebbero asportati mediante laparoscopia (intervento chirurgico addominale mini-invasivo senza l’apertura della parete addominale) o in laparotomia (con l’apertura della parete addominale) in quanto perché potrebbero alterare la forma della cavità uterina o creare gravi complicanze durante la gravidanza.
Se invece la paziente ha già un’età avanzata o se ha miomi multipli si sconsiglia l’intervento indipendentemente dalle loro dimensioni poichè il tempo di attesa post intervento sarebbe troppo lungo per poter pensare ad una gravidanza, inoltre il rischio è che le plurime cicatrici potrebbero indurre rotture dell’utero durante la gestazione.
Occorre invece asportare tutti i miomi intracavitari o sottomucosi che deformino la cavità uterina mediante isteroscopia operativa.
E’ possibile effettuare anche trattamenti non chirurgici ma meno efficaci quali l’intervento radiologico di embolizzazione dei vasi che nutrono i miomi o la terapia con ormoni che inducono blocco dell’attività ovarica con conseguente riduzione degli estrogeni che stimolano la crescita dei miomi.